Gli unici effetti nocivi riconosciuti dei campi elettromagnetici sulla salute umana sono gli effetti a breve termine che possono essere suddivisi in effetti termici e non termici.
Gli effetti termici sono causati dall’esposizione ai campi elettromagnetici alle frequenze più alte, oltre i 100 kHz (radiofrequenze e microonde), la cui energia è assorbita dall’organismo e trasformata in calore (è lo stesso principio dei forni a microonde).
Quando l’organismo non è in grado di compensare l’aumento di calore con i normali processi fisiologici di difesa, sono possibili lesioni agli organi più sensibili al calore, quali i testicoli e l’occhio (opacizzazione del cristallino, la “lente” dell’occhio), fino a effetti degenerativi più gravi. Ma sono anche possibili ustioni, arrossamenti e colpi di calore o effetti dovuti allo sforzo di compensazione dell’aumento di calore, come tachicardia con aritmie, ipertensione, tachipnea (aumento del ritmo respiratorio).
I campi elettromagnetici interferiscono anche con le cariche elettriche presenti nel corpo umano: nel nostro organismo sono presenti moltissime cariche elettriche che, con la loro distribuzione e il loro movimento, regolano i processi fisiologici.
Un influsso esterno elettromagnetico provoca quindi una risposta (un effetto biologico). In particolare, i campi elettromagnetici a bassa frequenza, in caso di alta intensità, provocano la stimolazione di nervi e muscoli, nonché variazioni nelle cellule del sistema nervoso. È possibile anche l’induzione di lampi luminosi nel campo visivo (magnetofosfeni).
Nel caso dei campi elettromagnetici a frequenza intermedia possono verificarsi entrambi gli effetti di stimolazione elettrica e di riscaldamento.
Tutti questi effetti si verificano però solo al di sopra di determinati valori limite di esposizione, individuati da organizzazioni internazionali e recepiti in Italia dal Decreto legislativo 81 del 2008.
Sarà il rispetto di questi valori che garantirà i lavoratori esposti ai campi elettromagnetici dagli effetti nocivi per la salute conosciuti.
La normativa prevede anche dei valori di azione: sono dei parametri misurabili che fanno scattare l'obbligo di adottare una o più misure di prevenzione proprio per mantenere l’esposizione a livelli di sicurezza, ancora prima di raggiungere i valori limite di esposizione.
È necessario però ricordare che sono stati anche ipotizzati effetti a lungo termine per l’organismo che potrebbero derivare da esposizioni ripetute nel tempo ai campi elettromagnetici, ma allo stato attuale delle ricerche questi effetti non hanno trovato prove sufficientemente certe.
La IARC (International Agency for Research on Cancer, agenzia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) ha comunque prudentemente inserito i campi elettromagnetici a frequenza estremamente bassa come “possibilmente cancerogeni per l’uomo”, classificazione che viene usata per indicare un agente per il quale esiste un’evidenza limitata di cancerogenicità nell’uomo.
In modo simile a quanto abbiamo visto per gli effetti di interferenza elettrica sul corpo umano, un campo elettromagnetico può indurre delle correnti elettriche anche in oggetti conduttori che si trovino all’interno del campo. In caso di contatto con questi conduttori, si possono verificare effetti simili, ma di minore intensità, a quelli causati dall’elettrocuzione (scossa elettrica), come dolore, contrazioni muscolari ma anche ustioni. Queste correnti sono definite correnti di contatto.
Oltre agli effetti biologici, le interferenze causate da un campo elettromagnetico possono però avere effetti anche nei confronti delle apparecchiature a funzionamento elettrico. Interferenze che, se non opportunamente prevenute, possono causare anche gravi conseguenze. Pensate alle apparecchiature mediche come i pacemaker, i defibrillatori impiantabili o le pompe per insulina. Ma anche i semplici apparecchi acustici possono subire dei disturbi (in molte situazioni lavorative il mancato avvertimento di un suono può essere un grave rischio).
Inoltre, un campo elettromagnetico intenso può anche causare un effetto “propulsivo” (di spinta) di oggetti ferromagnetici che, proprio perché diventano a loro volta dei magneti quando sono immersi nel campo, possono esserne respinti. Oppure possono verificarsi effetti d’innesco di materiali infiammabili provocati da scintille prodotte da campi indotti, correnti di contatto o scariche elettriche.
La sorveglianza sanitaria
In modo analogo agli altri rischi lavorativi, il Decreto legislativo 81 del 2008 prevede che sia effettuata una sorveglianza sanitaria che provveda, preventivamente e periodicamente, a valutare l'idoneità all’eventuale rischio di esposizione ai campi elettromagnetici e a verificare lo stato di salute attraverso controlli medici adeguati.
Di norma, la frequenza della sorveglianza è annuale ma può avere una periodicità inferiore quando decisa dal medico competente. In particolare, nei confronti dei lavoratori particolarmente sensibili all’esposizione ai campi elettromagnetici, ai soggetti con infarto del miocardio recente e con patologie del sistema cardiovascolare o alle donne in stato di gravidanza.
Controlli medici sono obbligatori anche nel caso in cui sia stata rilevata un'esposizione superiore ai valori di azione che abbiamo citato in precedenza.
La sorveglianza sanitaria preventiva è inoltre fondamentale per tutti gli addetti alle lavorazioni a rischio di esposizione ai campi elettromagnetici che sono portatori di dispositivi medici elettronici che potrebbero subire interferenze, ma anche per i portatori di protesi metalliche o altri oggetti sensibili (schegge o frammenti metallici) che potrebbero interferire con i campi.