Compressori (se dotati di serbatoio) e caldaie sono attrezzature a pressione. In molti casi anche recipienti, serbatoi e tubazioni. La normativa prevede che siano classificate “a pressione” le attrezzature che prevedono l’impiego di fluidi pressurizzati a una pressione superiore a 0,5 bar (l’unità di misura della pressione) [1]. Intendendo per fluidi sia i gas che i liquidi o i vapori.
Anche queste attrezzature, per essere commercializzate e installate, devono rispettare i requisiti di essenziali di sicurezza ma, come potete ben immaginare, quando si utilizzano gas o vapori a pressioni o temperature elevate ma anche sostanze gassose pericolose per la salute o infiammabili, le misure di prevenzione e protezione e l’attenzione degli operatori deve sempre essere massima. Un’operazione sbagliata, come l’apertura di una valvola di un impianto che si ritiene completamente vuoto o una saldatura su un recipiente che contiene ancora dei vapori infiammabili può comportare gravi rischi di infortuni o anche di incidenti che possono coinvolgere tutta l’azienda.
Anche per queste attrezzature possono infatti esserci dei rischi residui che non è possibile eliminare tecnicamente e che quindi devono essere fronteggiati con misure di prevenzione e protezione che però possono essere efficaci solo se correttamente applicate: rispetto assoluto delle autorizzazioni al lavoro (solo chi è autorizzato può utilizzarle o svolgere attività di ispezione o manutenzione) e delle procedure e delle indicazioni dei manuali di utilizzo (solo chi è addestrato ha le competenze per utilizzarle in sicurezza). Senza dimenticare le procedure per impedire operazioni non ammesse durante il fermo delle attrezzature, come i blocchi fisici sulle valvole o sugli interruttori di avvio e la segnaletica.
Ma come già detto, il contributo di tutti può essere fondamentale, ad esempio segnalando tempestivamente anomalie o danneggiamenti alle valvole di sicurezza, ai dispositivi di controllo (manometri e termometri) o di arresto automatico in caso di sovrappressione o di temperatura eccessiva.
Tutte queste attrezzature, per evitare possibili deterioramenti nel tempo, sono obbligatoriamente sottoposte a verifiche di riqualificazione periodica per valutarne l’effettivo stato di conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza a cura di enti di controllo esterni (ISPESL, ASL o enti abilitati) [2].
Per identificare immediatamente il liquido o il gas contenuto nelle tubazioni, oltre alle etichette di colore giallo previste per le sostanze pericolose che abbiamo visto nel fascicolo dedicato ai luoghi di lavoro, sono previste specifiche etichette colorate [3]: il verde identifica la presenza di acqua, il grigio il vapore, il marrone i liquidi combustibili o infiammabili, il giallo ocra i gas, l’arancione gli acidi, l’azzurro chiaro l’aria, il bianco i comburenti (le sostanze che agendo come agente ossidante permettono a un combustibile di incendiarsi) e infine il rosso identifica le tubazioni antincendio. Le etichette identificano anche con una freccia la direzione del flusso.
Anche le bombole che contengono gas in pressione hanno una colorazione specifica [4], con alcune differenze rispetto a quella delle tubazioni: il verde identifica i gas inerti, il blu chiaro i gas ossidanti, il giallo i gas tossici e/o corrosivi mentre il rosso identifica i gas infiammabili. Per alcuni gas più comuni sono previsti anche dei colori specifici, ad esempio l’ossigeno è identificato dal bianco, l’acetilene dal marrone rossiccio.
[1] Articolo 1, comma 2, lettera a), Decreto Legislativo n. 93 del 2000 [2] Articolo 71, comma 11, Decreto Legislativo n. 81 del 2008 [3] Norma UNI 5634 [4] Articolo1, Decreto del Ministero dei trasporti e della navigazione del 7 gennaio 1999, Norma UNI EN 1089-3